Il Sole 24 Ore fa il punto sulle sperimentazioni della tecnologia Nfc nel nostro paese, anche fuori dalla realtà dei pagamenti elettronici. Pur essendo parecchio indietro rispetto a tante nazioni: "Per esempio è partita il 20 aprile la sperimentazione di Qui Group, azienda specializzata nei buoni pasto. Ha lanciato una tecnologia (“iPay”) che permette di smaterializzarli, cioè di integrarli in cellulari Nfc. Per ora possono farlo solo i dipendenti di Qui Group presso 50 esercenti di Genova. L’azienda carica, da un sistema centrale, i buoni pasto sull’account dell’utente, che così se li ritrova su un’applicazione installata sullo smartphone, spiega Pierluigi Simonetta, responsabile della tecnologia, in fase di brevettazione. Per pagare il conto, seleziona i buoni pasto, che sono quindi inviati al lettore Pos dell’esercente: direttamente (se si utilizza Nfc o Bluetooth) o passando dal sistema centrale (via internet su Gprs)". Inoltre, da fine marzo, funziona il servizio Buono Pasto Elettronico via cellulari Nfc, creato da Tim, Cir Food e AliasLab "All’opera nelle mense di Telecom Italia. Funziona anche a cellulare spento o scarico ed è integrato con la sim, quindi può essere trasportato su cellulari diversi. Di fine marzo è anche la sperimentazione di Wind con i badge: i dipendenti accedono all’azienda accostando un cellulare Nfc (Samsung), utilizzabile anche per acquisti al bar interno". Infine, continua la sperimentazione Telecom-Atm di Milano per accedere alla metro con un cellulare Nfc. "Il problema è che questa come altre sperimentazioni simili sembrano bloccate per mancanza di fondi", spiega Carlo Alberto Medaglia, direttore dell’Rfid Lab dell’Università La Sapienza di Roma.
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