Si era cominciato a parlarne in maniera diffusa più o meno quando l’Espresso ci dedicò un intero servizio che tracciava appieno la stima dei depositi bancari nei vari cantoni svizzeri: "A giugno del 2011 era di 4.253 miliardi di franchi, oltre il doppio del Pil italiano, con una crescita del 10 per cento rispetto al 2010. Oltre metà di questa ricchezza, per un valore di 2.254 miliardi di franchi, è straniera. La stima del tesoro salva-Italia depositato nei cantoni elvetici oscilla fra i 150 e i 400 miliardi di euro. Se si applicasse un prelievo del 25 per cento come quello stabilito qualche mese fa dagli accordi bilaterali Svizzera-Germania e Svizzera-Regno Unito il fisco italiano recupererebbe una cifra tra 37 e 100 miliardi di euro". Poi è stata la volta della procura federale del Distretto meridionale di New York che ha incriminato direttamente una banca svizzera, Wegelin, per aver aiutato l'evasione fiscale di un centinaio di grandi clienti americani nel corso di un decennio nascondendo asset per oltre 1,2 miliardi. Al che, era intervenuto anche Mario Monti in prima persona: "Finora Berna ha firmato due intese, con la Gran Bretagna e la Germania. Pur con le debite differenze, il meccanismo è simile: in cambio della garanzia dell'anonimato dei clienti, le banche svizzere si impegnano a versare un'aliquota secca dei capitali esteri depositati sui suoi conti compresa fra il 19 e il 35 per cento". Insomma, un’operazione che, come spiega Repubblica, ricalcherebbe la convenzione tedesca, ovvero "un prelievo forfait (la cosiddetta imposta liberatoria) tra il 21 e il 41 per cento delle somme evase al Fisco di Berlino negli ultimi 10 anni, riscosso dalle stesse banche svizzere, e poi a regime il 26,375 per cento annuale sui capital gain. In cambio, la conservazione dell’anonimato. Un meccanismo che, applicato ai capitali italiani, potrebbe dare fino a 82 miliardi, subito, e altre risorse di anno in anno". A marzo, però, la Ue si è mossa per scoraggiare gli accordi bilaterali in favore di un’azione comune europea: "Il commissario alla Fiscalità Ue Algirdas Semet, ha ricordato che l'azione deve essere comune. E l'Italia? Dopo le indiscrezioni dello scorso dicembre su un possibile accordo Roma-Berna, la posizione del governo Monti sembra oggi opposta: niente personalismi, l'accordo con la Svizzera deve essere europeo". Infine, la svolta in aprile: "La Commissione europea ha dato luce verde agli accordi fiscali che la Svizzera ha firmato con Germania e Gran Bretagna. I testi sono pienamente conformi al diritto europeo, ha dichiarato il commissario alla Fiscalità Algirdas Semeta". Nei prossimi giorni il premier Monti incontrerà la presidente della Confederazione elvetica, Eveline Widmer-Schlumpf, per definire i contorni di un’intesa che potrebbe riportare in Italia fino a 82 miliardi. La conferma del via libera al negoziato è stata ufficializzata dal viceministro all’Economia. "Ci sono i presupposti per un confronto", ha detto Grilli, durante il Question Time alla Camera, annunciando la convocazione del primo tavolo di lavoro per il prossimo 24 maggio, senza tuttavia indicare alcuna tipologia di accordo su cui l’Italia intende puntare.
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